Servizio Civile, mai dimenticare la sua dimensione internazionale
di Gloria Volpe
Gentile direttore,
grazie per aver aperto questo spazio di dibattito e approfondimento dove si pone al centro del tavolo politico la solidarietà e il Servizio civile universale viene messo sotto i riflettori. Il Servizio civile all’estero e i Corpi civili di pace stanno scrivendo da più di vent’anni pagine importanti del nostro volontariato.
L’aiuto che ci ha fornito l’Albania inviandoci medici e infermieri, ad esempio, è frutto di quello che come sistema Paese siamo riusciti a costruire anche in termini di cooperazione internazionale e diplomazia popolare degli enti e dei giovani coinvolti nel Servizio civile e nei Corpi civili di pace. Grazie a entrambe queste esperienze come volontaria, in Colombia e in Ecuador, si sono rafforzate la mia responsabilità sociale, il mio senso civico e la mia cittadinanza attiva, che sento universale, proprio come declina la recente riforma al nostro Servizio civile. Un Servizio che ha una storia di alternativa alla difesa militare, e per la cui istituzione molte persone hanno pagato un prezzo di sacrificio personale mai abbastanza valorizzato e che ci sollecita anche oggi alla demilitarizzazione del linguaggio perché, per queste avversità dobbiamo affrontare, per fortuna non siamo in guerra.
Anche nell’emergenza della pandemia i volontari pronti a sporcarsi le mani e a fare la loro parte non solo sono stati e saranno tantissimi, ma sono molti di più di quelli che vengono nominati e contabilizzati. Ai volontari in Italia si aggiungono più di cinquecento giovani che con impegno e in silenzio hanno scelto di andare in Paesi svantaggiati per prestare un anno di servizio, pronti a dare lì il loro contribuito anche in questo momento critico di emergenza. Ripensando e rilanciando il Servizio civile all’estero, non scordiamoci dei Corpi civili di pace, al secondo anno di sperimentazione, una scommessa/promessa che dovrà prendere una forma definitiva così come stabilito dal Decreto del 7 maggio 2015. Non lasciamo quindi inerte la voglia di donarsi anche di tutti quei giovani che dall’estero contribuiscono alla bellezza di quest’istituto che guarda al concetto di patria e di solidarietà in modo molto più ampio rispetto all’idea di una terra che prende vita fino dove arriva una linea di confine, perché sarà di vitale importanza far risorgere non solo il Paese ma l’umanità intera. Occorre pensare una soluzione globale se il problema è globale.
È opportuno quindi rafforzare tutti gli strumenti di collaborazione sovranazionale, da quelli popolari a quelli istituzionali, coinvolgendo le giovani generazioni che dovranno sempre più sentirsi e operare da cittadini globali. Grazie se verrà dato spazio anche a questo contributo di una giovane civile, connazionale e cittadina del mondo, che per la prima volta scrive a un giornale e da poco è formatrice di questi giovani volontari e vicina ai loro cuori e ai loro ideali.